domenica 24 novembre 2019
PENSIERI E IMMAGINI. VERSO SUD
Penso spesso come l'amore per le periferie nasca da un'idea semplice,
dal bisogno di immaginare una vita su misura che ti vesta bene addosso,
senza parate, senza sfarzi, pensando alla sostanza più che
all'apparenza. Tornare alle periferie è dare sfogo ad una voglia di
intimità che nei luoghi marginali trova la sua massima espressione.
L'amore per le periferie del mondo è un sentimento da alimentare anche
attraverso la necessaria conoscenza della metropoli, non luogo per
antonomasia, oggi assai più che nel passato . Visioni edulcorate di una
società figlia di un'omologazione calcolata. Sono affascinanti le
periferie del mondo, così piccole, spesso così strane, ora tristi e
solitarie, ora colorate, vive e pulsanti, cioccolatini croccanti che più
li mordi più ti rivelano un cuore di morbida crema.
PENSIERI E IMMAGINI. IL CAMPANILE DI ERNESTO
Ha sempre un suo fascino il campanile, un significato simbolico e
particolare che va certo oltre quello strettamente pratico.
Nell'osservarlo quotidianamente immerso nella nebbia piuttosto che
illuminato dal sole, oggi più di ieri, oggi che il concetto di comunità
si va via via sfaldando fin quasi a perdersi del tutto, ripenso spesso
ad Ernesto De Martino ed a quel suo "Campanile di Marcellinara" citato
ne "La fine del mondo", prezioso lavoro del 1977, che mette in luce
l'idea di punto di riferimento fisico
come filo conduttore della propria esistenza. Perso in una quotidianità
che spesso annebbia i sensi, mi sento spesso come quel vecchio contadino
di Marcellinara, che accettò un passaggio sulla sua automobile e che,
una volta perso di vista il campanile del villaggio, che costituiva il
centro del suo mondo, la stella polare della comunità cui apparteneva,
si scompensò ed entrò in uno stato confusionale, fino a quando non venne
accolta la sua richiesta di essere riportato nei confini di quel
territorio dal quale gli era dato rivedere il suo campanile. Per
riconciliarsi con se stessi, spesso serve un ideale viaggio a ritroso,
che costituisca un ponte tra passato e presente, uno spazio vitale su
cui indietreggiare prendendo la rincorsa, perché quasi sempre la strada
verso il futuro richiede il coraggio utile a spiccare un lungo salto nel
vuoto ad occhi chiusi dopo avere preso la giusta rincorsa.
PENSIERI E IMMAGINI. AVEVO LE KICKERS E UN GIUBBOTTO DI VELLUTO A COSTE
Le Kickers zuppe d’acqua fino alle caviglie, il giubbotto di velluto a
coste talmente bagnato da pesare il doppio, le mani intorpidite a non
sentirle, le guance viola ed il viso quasi cianotico. C’era quasi sempre
la voce roca del vento freddo ad accompagnare le urla di mia madre che
imprecava dal balcone intimandomi di rientrare per evitare una febbre
quasi certa che mi avrebbe fatto perdere certamente una settimana di
scuola. Poi c’erano i piedi infilati quasi fin dentro il
braciere che rilasciava quel profumo di carbone mescolato a quello
delle bucce di mandarino o di mela che mi divertivo a spezzettare e
lanciare sul fuoco. Mio padre preparava la salsiccia al cartoccio da
poggiare direttamente sulla brace, un gesto consueto a metà strada tra
rito antico e necessità di riscaldare lo stomaco che quasi non
rispondeva più. I primi ricordi legati al mio rapporto con la neve,
hanno un sapore intimo e familiare che mi restituisce una struggente
dicotomia. All’inalienabile sensazione di freddo, per quell’aria
pungente che tagliava la pelle, per quelle assenze che non avrei mai più
colmato, si unisce un ricordo tiepido che diventa via via sempre più
caldo e che ritrovo nell’idea, nelle immagini di quel braciere che ho
ancora negli occhi, nel sapore di quella salsiccia, nel pensiero di casa
come unico approdo sicuro per il corpo e per l’anima.
PENSIERI E IMMAGINI. CIAO TOTO'
Saverio
Strati ha scritto: “Delfino ha la virtù di farsi leggere più come
scrittore che come giornalista ligio alla fredda cronaca. In lui la
curiosità è sempre più forte che il bisogno di registrare una notizia. E
da questa sua dote, la curiosità, scatta la freschezza della scrittura
che si fa leggere fino all’ultima parola, anche quando si capisce come
il fatto di cronaca va a finire. L’insieme degli
articoli ha dei legami invisibili, dei legami che servono a comporre un
corpo abbastanza organico. Tutti insieme rispecchiano da un lato un
modo palpabile da cui sono nati e da un altro lato sono il frutto ideale
di un giornalista-scrittore. Dico giornalista-scrittore per
sottolineare che Antonio Delfino non è un giornalista puro, uno che dà
solo informazioni su fatti accaduti; in parole povere: non è puro e
semplice cronista. Egli talora rivela la sua natura di scrittore
ironico, che si diverte e diverte. L’insieme degli articoli di Delfino è
come la tastiera di un pianoforte su cui basta pigiare il dito per
sentire una nota musicale; e una nota dopo l’altra nasce una sorta di
concerto corale dentro il quale è viva e dominante l’anima di un popolo,
nel bene e nel male. La povertà, la nobiltà del sentire, l’arroganza,
la stupidità, l’ambiguità, l’ironia, la violenza mafiosa sono tutte
queste cose i pregi e i difetti registrati con onesta sincerità da un
uomo che crede nei valori della cultura e dell’intelligenza”.
(Strati Saverio, Presentazione in: “Gente di Calabria, editoriale progetto 2000, Cosenza 1986)
(Strati Saverio, Presentazione in: “Gente di Calabria, editoriale progetto 2000, Cosenza 1986)
PENSIERI E IMMAGINI. QUEL CHE RESTA
Vorrei tanto mi portassi con te dove il cielo abbraccia il
mare, dove le nuvole fanno all'amore con le montagne. Vorrei mi portassi
con te tenendomi stretta la mano, la dove la mente è libera di
viaggiare, oltre le distanze. Vorrei mi potessi regalare i colori del
tramonto, quello freddo nell'aria che taglia il viso, e tiepido
nell'anima che riscalda. Vorrei mi potessi concedere i colori cangianti
delle onde che si infrangono, quelli della sabbia bagnata, delle agavi
che ancora resistono, dei fichi d'India che parlano una lingua
mediterranea. Vorrei che mi cucissi con ago e filo sul cuore e nella
testa tutto questo, e non lancerei neanche un grido nel sentire la carne
trafitta. Aspetterei con un sorriso che finissi, così che tutto ciò una
volta cucito potesse farmi compagnia, parlarmi di te, quando sentirò un
vuoto allo stomaco, quando penserò di essere solo, quando mi sembrerà
tutto perso. Solo allora ripenserei a quei colori, ricordando quello che
è stato, recuperando la forza per immaginare tutto ciò che ancora dovrà
trovare compimento.
domenica 14 luglio 2019
ESTATE NELLA CALABRIA GRECA TRA SUGGESTIONI ANTICHE E VOGLIA DI FUTURO
Pubblicato su www.calabriaonweb.it
Si appresta ad entrare nel vivo l’estate, con i suoi
colori, i suoi suoni, i suoi profumi, quelli che nel cuore della Calabria graca
sanno sempre di passato, su quei monti dove il tempo sembra essersi fermato,
dove i ritmi scorrono talmente lenti da sembrare spesso immobili, sempre
uguali, in un alternarsi di stagioni che restituiscono la cartolina di una
Calabria contadina, pezzo da museo all’aperto, dove il profumo della storia
convive sempre con un accennato e stentato tentativo di guardare avanti, verso
una modernità mai del tutto compiuta e forse mai del tutto voluta.
domenica 24 febbraio 2019
LIBERI DI SCEGLIERE, DALLA FICTION ALLA REALTA'
“Liberi di scegliere” è questo
il titolo assai più che metaforico della pellicola dedicata all’esperienza che
vede protagonista il presidente del Tribunale dei minori di Reggio Calabria
Roberto Di Bella, impegnato in quella che può senza dubbio definirsi
un’operazione di rinascita culturale, dalla quale proprio in questi giorni stando
prendendo le mosse tutta una serie di iniziative ad ampio raggio che passando dalle
scuole alle carceri ci consegnano la cifra di un cambiamento di rotta in atto
ormai da tempo.
GIALLO, ROSSO E VERDE. A SAN LUCA RIPARTE LO SPORT
Riparte il calcio a San Luca, dove da circa un anno e mezzo si respira di nuovo grande entusiasmo. È ripartita da poco l’esperienza sportiva nel centro aspromontano dopo anni di oblio e lo ha fatto nel migliore dei modi, finendo, dopo un primo quasi scontato anno sabatico, di rodaggio, già sotto i riflettori di una regione e di un Paese che piano piano si vanno abituando a nuovi accostamenti, per una volta diversi da quelli consegnati sino ad oggi ad un fragile e bramoso immaginario collettivo.
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