Saverio
Strati ha scritto: “Delfino ha la virtù di farsi leggere più come
scrittore che come giornalista ligio alla fredda cronaca. In lui la
curiosità è sempre più forte che il bisogno di registrare una notizia. E
da questa sua dote, la curiosità, scatta la freschezza della scrittura
che si fa leggere fino all’ultima parola, anche quando si capisce come
il fatto di cronaca va a finire. L’insieme degli
articoli ha dei legami invisibili, dei legami che servono a comporre un
corpo abbastanza organico. Tutti insieme rispecchiano da un lato un
modo palpabile da cui sono nati e da un altro lato sono il frutto ideale
di un giornalista-scrittore. Dico giornalista-scrittore per
sottolineare che Antonio Delfino non è un giornalista puro, uno che dà
solo informazioni su fatti accaduti; in parole povere: non è puro e
semplice cronista. Egli talora rivela la sua natura di scrittore
ironico, che si diverte e diverte. L’insieme degli articoli di Delfino è
come la tastiera di un pianoforte su cui basta pigiare il dito per
sentire una nota musicale; e una nota dopo l’altra nasce una sorta di
concerto corale dentro il quale è viva e dominante l’anima di un popolo,
nel bene e nel male. La povertà, la nobiltà del sentire, l’arroganza,
la stupidità, l’ambiguità, l’ironia, la violenza mafiosa sono tutte
queste cose i pregi e i difetti registrati con onesta sincerità da un
uomo che crede nei valori della cultura e dell’intelligenza”.
(Strati Saverio, Presentazione in: “Gente di Calabria, editoriale progetto 2000, Cosenza 1986)
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