A
prescindere da come andrà a finire l’iter legato al procedimento a carico di Mimmo
Lucano, oggi ai domiciliari con l’accusa di una gestione per così dire
“allegra” della cosa pubblica, questa storia sembra avere segnato un prima e un
dopo spaccando l’opinione pubblica ma soprattutto facendo registrare
un’indignazione popolare che pur senza volerla quantificare, sarebbe riduttivo liquidarla
come semplice tifo.
Non si tratta di stare dalla parte dei buoni o dei
cattivi, degli onesti o dei presunti truffatori, non si tratta neanche di un
sentimento di rigetto nei confronti della legge da parte di un popolo che si
vorrebbe a prescindere irredimibile. Dalle intercettazioni e dalle carte emerse
dall’indagine sembra in effetti che qualche “leggerezza” sia stata commessa e sono
proprio queste emergenze a suggerire qualche considerazione di carattere più
ampio. Personalmente leggo la presa di posizione di tanta gente pronta ad assolvere
Lucano anche di fronte alla concreta possibilità che possa realmente aver
commesso qualche leggerezza, non tanto come un moto di ribellione verso le
regole costituite, quanto come uno sfogo irrazionale che giunge al culmine
della stanchezza in una terra avvilita da fallimenti, ritardi, soprusi,
burocrazie, percorsi verso un futuro migliore annunciati e mai partiti. In
tutto questo bailamme, in questo teatrino di pupi buono per parate e slogan di
cui francamente non si avverte più la necessità, la verità è che nessuno ha mai
realmente fatto nulla anche solo per tentare di tracciare una via maestra da
percorrere per ridare dignità al sud ed in particolar modo alle sue aree più
interne, quelle maggiormente a rischio desertificazione. La questione Lucano,
rischia di distogliere l’attenzione dal vero problema, quale prospettiva
vogliamo dare al nostro entroterra, perché con tutti i limiti ed i presunti
errori che possono emergere in quindici anni di qualsiasi gestione
amministrativa, pur tra polemiche e pareri discordanti che se vogliamo stanno
nella logica del gioco, rimane un dato, Riace che certamente non è solo Mimmo
Lucano, dopo essersi trovato come tanti altri piccoli centri al bivio tra la
vita e la morte ha scelto di continuare a vivere, contrariamente a tantissime
altre realtà ormai da tempo scomparse per consunzione. Qualcuno nel rincorrersi
dei commenti social ha giustamente scritto, riprendendo le dichiarazioni del
procuratore di Locri che in alcun caso il fine può autorizzare ad agire andando
oltre i limiti imposti della legge. Impossibile non condividere questa
affermazione, è evidente come la legge vada rispettata sempre e comunque. Il
medesimo rispetto si sarebbe dovuto osservare nei confronti di una terra che
continua a rimanere in paziente attesa di risposte credibili e soprattutto
tangibili, la stessa terra vituperata da un’assenza dello stato che nei decenni
ha prodotto una pericolosa sfiducia verso le istituzioni e chi le rappresenta.
Attenzione dunque a non perdere di vista l’obiettivo guardando come spesso
capita il dito anziché la luna, perché la posizione di Lucano verrà affrontata
nelle sedi opportune e la legge, siamo certi farà nel migliore dei modi il suo
corso, ma parallelamente a questo e maggiormente in evidenza rimangono le incognite
legate alla sorte di paesi sempre più vuoti, ed a quella della gente che nei paesi
continua a resistere con ostinazione, meritando per questo rispetto e considerazione,
per quella gente rimane un futuro ancora da scrivere, scegliendo dove e come,
magari per una volta riuscendo a guardare la luna invece del dito.
Splendido
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