giovedì 5 gennaio 2017

1988 DELIESE-LOCRI, RICORDI DI UN CALCIO LONTANO


La testimonianza. Peppe Foti e la sfida di calcio tra Locri e Delianuova (1988)

Da un po’ di tempo mi capita di riflettere sull’importanza delle storie e sulla necessità di raccontarle e mi convinco del fatto che tutte le storie, anche quelle piccole, personali ed in apparenza insignificanti meritano un po’ di attenzione, forse perché parlano di percorsi di vita, e la vita è sempre importante. Poi c’è anche dell’altro, le piccole storie sono importanti anche perché a fare da sfondo c'è sempre un’epoca, con le mille sfaccettature che l’accompagnano. La storia che vi voglio raccontare parla di me, parla di calcio, di Locri ma soprattutto di un pezzo di Aspromonte che oggi non c’è più.


Il racconto comincia con l'immagine dei Piani di Carmelìa sotto la neve in un freddo pomeriggio di febbraio di una trentina di anni fa. Ma andiamo con ordine perché questa è una storia che parla di un calcio che non c’è più, di un pallone che profumava ancora di cuoio. Il calcio a Locri è stato da sempre una passione e da quelle parti ha sempre avuto un ruolo sociale assai importante. In quell’anno L’Ac Locri 1909 era impegnata nel girone B del campionato di Promozione e, proprio a Locri, quell’anno giocava un giovanissimo Giuseppe Foti, un nostro paesano, una promessa del calcio locale a cui mi univa e mi unisce una grande amicizia. In quell’anno seguivamo Giuseppe praticamente ovunque, in casa ed anche in trasferta.
Nell’immaginare il rush finale di quel torneo che vedeva in lizza per la vittoria oltre al Locri anche il San Luca e la Gioiese gioverà ricordare, soprattutto ai più giovani, le differenze col calcio di oggi, vale la pena ricordare ad esempio che la vittoria valeva ancora solo due punti e sopratto che la Promozione era ancora il massimo torneo regionale. Il pareggio col Melicucco Giunti a metà torneo il Locri manteneva sempre la vetta anche se il 10 di gennaio, subito dopo la sosta natalizia, la ripresa del campionato faceva segnare un mezzo passo falso col pareggio sul campo del Melicucco e la coincidente vittoria del San Luca sul campo del Polistena che portava il distacco a soli due punti.
Ricordo ancora i commenti di ritorno da Melicucco, ricordo il rammarico per quelle due occasioni clamorose buttate al vento da Carito e Galluzzo, comunque alla fine poco male, un punto in trasferta andava sempre bene e la domenica dopo si ripartiva da un impegno assolutamente alla portata: al comunale sarebbe andato in scena il classico testacoda tra la prima e l’ultima della classe, col fanalino di coda Brancaleone che diventò ovviamente vittima sacrificale. Ad attendere il Locri dopo quella vittoria ci sarebbero state però due insidiose trasferte, Taurianova e Delianova. Archiviata agevolmente la prima gli Amaranto si apprestavano a far visita alla Deliese di Ciccio Leva. Ricordo il viaggio verso Delianova, difficilmente lo dimenticherò, allora le distanze mi sembravano siderali e con quella Fiat Campagola del papà di Giuseppe, stando seduto dietro con quei sedili messi in posizione anomala rispetto al senso di marcia, il tutto era, se possibile ancora più allucinante. Sinceramente non ricordo quale sia stato l’intoppo, se l’assenza dell’arbitro o l’impraticabilità del campo, ricordo però molto bene la mia delusione quando capimmo che la gara sarebbe stata rinviata e si sarebbe dovuta recuperare; ma è proprio su quel recupero che si accendono i riflettori del mio racconto, per diversi motivi. Intanto perché quel risultato segnò un punto di non ritorno nella volata finale e poi perché lego il ricordo di quel giorno ad alcuni flash che non riesco a rimuovere. La Lega aveva deciso per un mercoledì pomeriggio ed io, che come sempre non potevo e non volevo mancare l’appuntamento, ricordo che mi feci firmare un permesso da mio padre da esibire al preside per poter uscire un’ora prima da scuola, allora frequentavo il secondo anno delle superiori. Venne a prendermi il papà di Giuseppe all’uscita e dopo aver recuperato suo fratello, mio padre, Uccio Carpentieri, Nino Autelitano e verso Reggio anche Aldo Marino proseguimmo in direzione A3 fino allo svincolo di Bagnara per poi salire verso l’Aspromonte. I filari di ulivi secolari ci accompagnarono quasi lungo tutto il tragitto e la sensazione che provavo guardando fuori dal finestrino posteriore era di un’atmosfera opprimente. Il papà di Giuseppe teneva sempre il finestrino abbassato a metà e man mano che salivamo di quota il freddo si faceva sempre più pungente. C’era un sole pallido ma all’orizzonte guardando verso i Piani di Carmelìa, si vedevano nuvoloni bianchi carichi di neve, era la metà di febbraio e da quelle parti il tempo non fa sconti, lo avrei imparato da lì a poco. Arrivammo al campo sportivo in perfetto orario e prendemmo subito posto sotto la tribuna coperta. Pochi minuti prima dell’inizio giunsero un centinaio di tifosi che assieparono le tribune peraltro già discretamente occupate, pensavo si trattasse dei tifosi di casa, scoprii invece qualche istante dopo che erano quelli del Marina di Gioiosa interessati al risultato. Deliese e Marina di Gioiosa non erano in una posizione di classifica tranquilla e gli ionici erano evidentemente venuti a tifare Locri, o almeno così credevo.
Giuseppe aveva sempre il 5 sulla maglia e anche in quel freddo pomeriggio di fine inverno, anche in quel pantano poco adatto alle sue caratteristiche tecniche riusciva ad illuminare il gioco come aveva fatto per tutto l’arco del torneo, la paura degli avversari, quando toccava la palla si capiva dalle urla e dai volti tesi dei tifosi di casa. Il primo tempo procedeva senza particolari sussulti, fino a quando un tuono sembrò annunciare che qualcosa stava per cambiare. Verso il quarantesimo del primo tempo iniziò a nevicare copiosamente tanto che al ritorno delle squadre in campo il terreno di gioco era già abbondantemente innevato. A quel punto scoppiò la polemica tra gli ospiti che spingevano per un’altro rinvio e i padroni di casa che speravano invece di sfruttare il campo pesante per colmare il divario tecnico. Alla fine l’arbitro, impaurito dalle pressioni dei locali, decise che si doveva proseguire. La neve continuava a cadere ed il freddo diventava sempre più insopportabile, quando giunti ad un quarto d'ora dalla fine, su un capovolgimento di fronte Giuseppe prese la palla nella propria tre quarti, saltò come birilli due uomini e si involò verso la metà campo avversaria, alzò la testa e servì in profondità Galluzzo che dato uno sguardo al portiere in uscita lo battè con un rasoterra a fil di palo. Noi naturalmente esultammo ma fu solo un attimo, giusto il tempo di gioire ed ecco che ci passò davanti correndo un signore col volto insanguinato, ancora qualche secondo ed eccone un altro, non capimmo cosa stesse succedendo fino a quando mio padre urlando ci intimò di scappare verso la macchina, era in corso una sassaiola tra i tifosi di casa e quelli di Marina di Gioiosa. Lungo la via del ritorno, scendevamo verso l’autostrada, con la gioia per quella vittoria, macchiata da quel finale assurdo del quale non conoscevamo i risvolti, avevamo di fronte agli occhi le immagini dei calciatori festanti e quelle facce insanguinate. Quella gara per il Locri fu quasi determinante, ma più del risultato non sono mai riuscito a cancellare dalle mente tutto il resto, quella neve che scendeva fitta, quei volti pieni di sangue e quegli altri dentro quella Campagnola, quelli che non vedo più ormai da un tempo lungo una vita.

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