sabato 21 gennaio 2017

IL RICORDO. POLVERE BIANCA CON SFUMATURE AVORIO LUNGO LA VIA DELLE GRANDI PIETRE

Polvere bianca con sfumature avorio, lungo la via delle grandi pietre

Nuvole bianche con riflessi avorio, immagini sfocate di un paesaggio quasi irriconoscibile di cui si distinguono a fatica i contorni. Il vento modella, plasma, cambia le forme creando un continuo andirivieni di ombre, in un gioco di vedo non vedo che incupisce l'anima rendendo tutto tremendamente claustrofobico e opprimente, è il soffio potente del Buran, quello che sferza terra e aria rendendo tutto irreale. Sa essere duro l'inverno in montagna, lo conosceva bene Corrado Alvaro quell'inverno che ha voluto fermare in un'istantanea in bianco e nero, regalandolo alla storia. Conosceva bene il significato dei colori lo scrittore di San Luca, la loro polivalenza, la loro forte impronta simbolica, il colore torbido dei torrenti che correvano e continuano a correre imperterriti verso il mare o quello bianco della neve che in un'attimo sa essere fonte di gioia, letta negli occhi spalancati dei bambini, l'attimo dopo sa farsi ricordo di disperazione e fatica, quella rimasta tatuata sulla pelle arsa dei pastori.

Sono passate da poco le 7:40 del sei gennaio duemiladiciassette e raggiungere l'Aspromonte è cosa assai più difficile del solito. La temperatura alla foce del Buonamico è vicina allo zero e la neve inizia dal mare regalando una visione insolita, di sconvolgente bellezza. Alfonso Picone Chiodo è una delle memorie storiche della Sezione Aspromonte del Club Alpino Italiano, uno che la montagna la respira, avvertendone le vibrazioni, leggendone i messaggi, uno che la montagna ha imparato a conoscerla in un tempo tanto lungo da sapere bene che non fa sconti, capace com'è di grandi abbracci che si alternano a tremendi ruggiti. Lo conosco da anni Alfonso, lo conobbi a Bova non ricordo bene in quale occasione, lo rividi poi tanto tempo fa in una pausa all'ombra di querce secolari al casello di San Giorgio a monte di San Luca ed è più o meno in coincidenza con quel periodo della mia vita che imparai a capire cosa volesse dire camminare in montagna per passione, imparai soprattutto a capire come di montagna ci si possa innamorare anche non essendoci nati. Fino ad un certo punto, non riuscii a cogliere altra forma di amore per la montagna che non fosse la mia, simile a quella dei tanti per cui la montagna rappresenta il legame con la propria storia, quella fatta di affetti, ricordi, immagini. Mi ero sempre ripetuto che la montagna ti entra dentro perché è come la mamma, perché in essa identifichi il tuo passato e di essa conservi immagini che sono lo specchio di quelle delle tua vita, ed è tutto vero, tutto così, ma certamente non solo così e l'ho imparato dopo. Ho sentito spesso le parole di Alfonso, nella sua veste privata o in occasioni pubbliche e dalle sue parole, dal modo di leggere e riportare le sue personali emozioni, mi sono sempre più convinto che esistono amori necessari, che nascono per soddisfare bisogni irrinunciabili, gli stessi che per molti trovano sfogo nell'intimo dialogo con la natura. Ho telefonato qualche giorno addietro ad Alfonso dopo avere visto su Facebook qualche suo scatto di una recente uscita in montagna. "Vedere l'Aspromonte vestito di bianco fin dalla costa - mi dice al telefono - era un'occasione certamente rara e poi oltretutto volevamo vedere Pietra Cappa. La difficoltà - mi confessa - e stata inizialmente quella di capire quale fosse in quelle condizioni la via d'accesso possibile. Ho chiamato alcuni amici a Natile che mi hanno sconsigliato dicendomi che la via di Natile Vecchio era bloccata già alcuni chilometri prima del paese. Chiamo allora a San Luca, dove mi dicono che la neve inizia dal paese e allora decidiamo di dirigerci da quella parte, risalendo lungo la strada principale che costeggia il Buonamico. Le case del paese sono sotto la neve anche se la circolazione non presenta problemi, che iniziano invece appena a monte del centro abitato. Giusto qualche tornante e siamo costretti a fermarci lasciando l'auto per proseguire a piedi seguendo il tracciato della strada rotabile. Già dai 500 metri di quota siamo investiti da tormente di neve, saliamo ancora per qualche chilometro ed intravediamo in mezzo alla bufera la sagoma di pietra castello, ancora un po' di strada e avvolta in un paesaggio lunare spunta la mole di pietra cappa. Negli anni - prosegue Alfonso - non è stato inusuale vederne la cima innevata, ma integralmente vestita di bianco, comprese le pareti verticali, è stata una visione unica di cui godevamo davvero per la prima volta. A quel punto bisognava ripararsi e ci siamo diretti verso un ovile vicino che conoscevamo bene per esserci passati decine di volte nella stagione più calda". È un un racconto lucido, una fotografia insolita quella offerta da Alfonso, un fermo immagine colorato di bianco. Ad un certo punto, nella solitudine e nel silenzio rotti solo dal sibilo del vento compare la sagoma di uno splendido esemplare di pastore maremmano che quasi sommerso dalla fitta coltre corre in contro ad Alfonso, Patrizia, Filippo, Pietro e Mariarosaria accogliendoli e scortandoli prima fino all'ovile, poi fino al paese nel viaggio a ritroso. Una volta giunti in paese, accompagnati gli ospiti a destinazione, il maremmano riguadagna la via di casa e la sua sagoma piano piano scompare di nuovo nella tormenta che continua ad imperversare. Nell'accoglienza di quell'animale, mi piace leggere due metafore, la prima è quella dell'appartenenza al territorio, l'altra, del ciclo inestinguibile della natura che porge il suo saluto all'uomo con la certezza di un incontro che dovrà essere rinnovato. "In questi giorni - mi dice ancora Alfonso - guardando le scene che giungono dal Gran Sasso e dai paesi del centro Italia sepolti dalla neve, mi viene da riflettere sul concetto di resistenza e penso sempre più a cosa significhi vivere in montagna. Sai Gianfranco, ho imparato negli anni a capire la gente come voi che con la montagna convive da sempre perché ci vive, perché ci lavora, perché ci ha a che fare quotidianamente non per gioco o per passione. Mentre guardavo la sagoma di Pietra Cappa confusa tra la polvere di neve, ho pensato a quanti l'avevano guardata prima di me con sentimenti diversi, ho pensato a quanta gente aveva pianto lacrime amare in quei luoghi, dove si era esaurita un'intera vita nel suo divenire, fino al suo compimento".

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