martedì 6 ottobre 2015

CARTOLINE DI UN CALCIO CHE NON C'E' PIU'

Etna, Alia, Carabetta…24 aprile '88. Cartoline di un calcio che non c'è più

Qualche sera addietro di rientro da Roccella sono passato casualmente di fronte al campo sportivo di Locri e costeggiando la struttura ho avvertito di colpo l’esigenza di fermare l’auto per fare quattro passi. Sarà stata la luce soffusa del tramonto o forse i tanti pensieri che in quel preciso momento mi affollavano la testa, non so, una cosa è certa, guardare il muro di cinta di quel campo mi ha riportato alla mente ambientazioni di tanti anni fa che mi hanno fatto sentire quella situazione stranamente familiare, e per un attimo è stato come se il tempo non fosse mai trascorso.
Ho percorso in solitaria l’intero perimetro del campo, guardandomi intorno, guardando i palazzi e gli alberi e tutto mi è sembrato immobile, fermo nel tempo, cristallizzato a ventotto anni prima. Ripresa la via di casa la mente è tornata indietro nel tempo fermandosi al 1987. Inizia proprio in quell’anno il mio personale rapporto con Locri, una città che si distingue dalle altre della costa ionica per diversi motivi, di certo per le antiche vestigia che parlano di una grecità fiorente, ma senza voler scomodare le pietre dell’antica Epizefìri, in tempi più recenti sicuramente anche per  una tradizione calcistica di assoluto blasone nel panorama regionale. E' stato proprio il calcio la prima cosa che ho assaporato di Locri, una realtà che non conoscevo affatto e che allora, nella seconda metà degli anni ottanta avvertivo più lontana ed irraggiungibile di quanto non fosse. Ho imparato proprio in quegli anni che a Locri il calcio non è come nel resto del circondario,  da quelle parti ha un sapore particolare, da oltre un secolo è sinonimo di una passione. Quella del Locri è una storia che nasce appena un anno dopo il terremoto che distrusse Reggio e Messina, una storia su cui mi piacerebbe aprire una doverosa finestra dedicando alcune puntate della mia rubrica ad aneddoti, facce, e situazioni non solo sportive, che partono proprio nel 1987 e finiscono nei miei ricordi appena due anni dopo. Se penso a quegli anni, al Locri ed a quei campionati, penso ad un’esperienza che non dimenticherò facilmente, ad un calcio che oggi non c’è più caduto sotto i colpi di una disaffezione pericolosamente contagiosa, penso ancora a quel muro di cinta ed alla prima volta che lo costeggiai con papà, Don Ciccio e Pino Foti ascoltando i cori del tifo organizzato e la voce dello speaker che elencava i nomi degli sponsor, situazioni cui fino ad allora avevo assistito solo ai tempi del  Catanzaro in serie A, insomma un’altra dimensione, tutto un altro calcio rispetto a quello cui eravamo abituati dalle nostre parti appena 60 km più a sud, dove da sempre si galleggiava tra la terza ed al massimo la prima categoria. Per iniziare a raccontarvi questa storia, analizzandola dalla mia personale prospettiva, partirò da una data ben precisa, da una classifica e da un elenco di nomi che i meno giovani, amanti del calcio di casa nostra  ricorderanno di certo. 

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La data è il 24 aprile 1988, la classifica è quella finale che recita Locri 46, Gioiese 42, San Luca 37, i nomi o se preferite i cognomi, eccoli di seguito: Etna, Alia, Carabetta, Scorrano, Foti, Sestito, Codispòti, Silvano, Galluzzo, Giorgi, Carìto, allenatore Sandro Stivala. È proprio vero, se ci penso quello era davvero un altro calcio, con la vittoria che valeva ancora 2 punti, col portiere che poteva intervenire con le mani sul retropassaggio del compagno e soprattutto col campionato di Promozione che rimaneva ancora il massimo torneo regionale. Lo ricordo bene quel pomeriggio del 24 aprile di 27 anni fa, ricordo il comunale invaso da migliaia di persone, cori, bandiere, striscioni, tutti uniti contro l’unico ed ultimo ostacolo al ritorno del Locri in Interregionale, l’avversario da abbattere in quella domenica di primavera era l’Hudax Ravagnese del presidente Bruciafreddo. Ricordo che in quel pomeriggio per me dal sapore decisamente surreale, in quel clima di festa sfrenata, a mettere il sigillo matematico su un torneo vissuto sempre ai vertici non fu uno dei soliti finiti sul taccuino dei marcatori durante tutta la stagione, a chiudere le ostilità mandando a casa il Ravagnese e mettendo di fatto la parola fine al torneo fu un difensore, fu Peppe Alia che all’88' fece quasi venire giù le tribune del comunale stipate all’inverosimile. Che il Locri di quegli anni sia di certo un bel ricordo e non solo per me, questo appare evidente, meno evidente è il significato della mia presenza a Locri in quegli anni. Il mistero è subito svelato. Tra i nomi che vi ho elencato ce n’è uno in particolare che giustifica la mia presenza e quella di tanti tifosi bovesi da quelle parti. Giuseppe Foti, da Bova, per i tifosi del Locri semplicemente Peppe Foti, ha appena diciotto anni, è giunto a Locri l’estate prima, dopo una breve esperienza in prima categoria e molti lo indicano già come una sicura  promessa del calcio locale. Giuseppe è un ragazzino esile, piedi buoni e tecnica  sopraffina, una mezza punta come si diceva allora, un ambidestro che riesce a disorientare le difese avversarie con giochi di prestigio che infiammano le platee. Non ci mette molto a diventare l’idolo della tifoseria locale lasciando una firma indelebile su quell’annata straordinaria, lo fa con assist, gol di straordinaria fattura e giocate che tracciano il profilo di un atleta sicuramente di altra categoria.  Eccolo il mio legame con Locri e soprattutto con il  Locri di quegli anni, un’avventura trascorsa in giro per i campi della provincia a seguire Giuseppe e forse anche un sogno, con quella giusta punta d’orgoglio che ci coinvolgeva tutti, per quel ragazzo che portava il nome di Bova fuori dai confini comunali facendolo conoscere come luogo capace, tra le altre cose di sfornare anche talenti sportivi. Con Giuseppe ogni domenica un codazzo di amici e parenti, onnipresenti, da Delianuova a San Luca, passando per Gioia Tauro e Chiaravalle. Sono tanti gli aneddoti legati a quella cavalcata ed in particolare ad alcune gare che più di altre hanno segnato dei passaggi fondamentali. Nelle prossime puntate ne voglio ricordare qualcuno, lo farò cercando di unire l’aspetto squisitamente sportivo a quello umano, con i risultati del campo a cui faranno da cornice volti e nomi che mi sono rimasti in testa e che tornano puntuali a fare capolino ogni qualvolta con Giuseppe ricordiamo quegli anni. Di quella comitiva che si muoveva tutte le domeniche, ormai siamo rimasti in pochi, di quel calcio purtroppo è rimasto poco o nulla

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