Ci sono giorni in cui sale forte una voglia che col tempo diventa necessità, la voglia di rivisitare il passato come pratica essenziale per rimanere legati a qualcosa che ci è appartenuto. Mi viene in mente il sentimento di Corrado e della sua “Gente
in Aspromonte”, quando in quelle giornate dedicate alle lunghe passeggiate mi capita di
passare per la Via Santo Spirito, quella stretta e suggestiva stradina
che su nel cuore di Bova porta dalla Chiesa dello Spirito Santo al
Santuario di San Leo.
Da qualche mese su quella stradina, forse per
troppo tempo dimenticata e relegata ai margini, si sono riaccesi i
riflettori, è tornato l’interesse della gente, anche quella del posto,
mossa da una curiosità morbosa che la porta a calcarla di nuovo
riscoprendo con stupore panorami e scorci quasi dimenticati che, se li
guardi sembrano giustificare la deviazione poco più giù della
centralissima Piazza Roma. Tutto questo sembrerebbe semplice ed allo
stesso tempo formidabile e magari è proprio così, è sicuramente
formidabile ma certo non casuale, perché, lo ripetiamo spesso, ci sono
idee che cambiano il corso della storia, che sia essa piccola e
sconosciuta o grande ed importante e le storie ed i luoghi si sa, anche
se piccoli nascondono il loro giusto fascino. Su quella via, quella dai
panorami suggestivi, da qualche tempo c’è qualcosa di nuovo, c’è un
sentiero che richiama alla poesia ed al sentimento di Alvaro, c’è il”
Sentiero della civiltà contadina” nato da un’idea di Saverio Micheletta e
da lui realizzato in poco meno di un anno di alacre lavoro che ha visto
impegnati sul campo tante maestranze locali. Giustamente mi chiederete
chi è Saverio Micheletta e soprattutto cos’è il "Sentiero della Civiltà
Contadina". Se dovessi tracciare un profilo di Saverio Micheletta, mi
piacerebbe definirlo un vulcanico ed iperattivo bovese di ritorno, non
uno qualunque però, perché al momento rimane certamente l’unico ad avere
avuto il coraggio di realizzare un’intuizione che col passare del
tempo, tra sguardi di diffidenza, facili ironie e qualunquismi di sorta
ha preso forma fino a diventare molto di più di un museo all’aperto, si
perché il sentiero, che verrà inaugurato ufficialmente il prossimo 23 di
agosto costituisce come lo stesso Micheletta tiene a precisare nel
pregevole volume dedicato all’iniziativa, un omaggio ai bovesi, un
omaggio alla terra che gli è tanto cara e che ha ritrovato dopo
quarant’anni di assenza. In buona sostanza si tratta della
riproposizione di uno splendido spaccato della civiltà contadina del
secolo scorso attraverso la posa di strumenti e accessori di uso
quotidiano con grande spazio riservato alle enormi pietre da frantoio in
bella mostra in angoli fino ad oggi poco valorizzati del centro
storico. Faccio spesso, soprattutto nelle ore serali quella strada oggi
riqualificata dove troneggiano quelle enormi pietre e nell’attraversarla
ripenso inevitabilmente al lavoro di Micheletta, penso al coraggio ed
alla passione che muovono l’impegno, penso però anche un’altra cosa, la
stessa poesia e lo stesso sentimento che ritroviamo nei versi di Strati,
Alvaro, Vitale e tanti altri, li ritroviamo anche in piccoli e grandi
gesti quotidiani regalatici da chi esprime a modo proprio il sentimento
della gente d’Aspromonte, una montagna che porti nel cuore per tutta la
vita come un corredo genetico, con le sue immagini in bianco e nero, i
suoi profumi, le sue lacrime ed i suoi sorrisi e non importa se i
sorrisi saranno anche quelli inopportunamente ironici di chi non riesce a
cogliere le sfumature, perché ci sono colori, dettagli e sfumature che
non tutti possono percepire, è questione di vissuto, questione di
sentimenti e di sollecitazioni che partono da dentro, da un bagaglio
estremamente personale non in tutti rintracciabile. Aspettiamo con ansia
il giusto tributo del 23 di agosto prossimo, lo aspettiamo con l’ansia
di chi deve dire grazie all’impegno di un privato a favore del proprio
territorio e della sua gente, ma non solo questo, il grazie è a mio
avviso dovuto soprattutto per la straordinaria e non comune capacità di
riaccendere in molti il sentimento e l’orgoglio dell’appartenenza,
dettagli che fanno la differenza e che spesso si perdono sotto i colpi
di una quotidianità che cancella ed omologa, che corre ed incalza
costringendoti a non pensare, a non ricordare a non tracciare quella
linea necessaria che collega passato e presente e senza la quale è
difficile costruire un futuro. Saverio Micheletta la sua linea l’ha
tracciata ed anche in modo netto scrivendo in calce il proprio nome
nella storia recente di un borgo che avrebbe sempre più bisogno di gente
capace di sognare regalando i propri sogni a chi avrà voglia di
apprezzarli.
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