domenica 18 gennaio 2015

LUNGO IL SENTIERO DELLA CIVILTA' CONTADINA


Ci sono giorni in cui sale forte una voglia che col tempo diventa necessità, la voglia di rivisitare il passato come pratica essenziale per rimanere legati a qualcosa che ci è appartenuto. Mi viene in mente il sentimento di Corrado e della sua “Gente in Aspromonte”, quando in quelle giornate dedicate alle lunghe passeggiate mi capita di passare per la Via Santo Spirito, quella stretta e suggestiva stradina che su nel cuore di Bova porta dalla Chiesa dello Spirito Santo al Santuario di San Leo.
Da qualche mese su quella stradina, forse per troppo tempo dimenticata e relegata ai margini, si sono riaccesi i riflettori, è tornato l’interesse della gente, anche quella del posto, mossa da una curiosità morbosa che la porta a calcarla di nuovo riscoprendo con stupore panorami e scorci quasi dimenticati che, se li guardi sembrano giustificare la deviazione poco più giù della centralissima Piazza Roma. Tutto questo sembrerebbe semplice ed allo stesso tempo formidabile e magari è proprio così, è sicuramente formidabile ma certo non casuale, perché, lo ripetiamo spesso, ci sono idee che cambiano il corso della storia, che sia essa piccola e sconosciuta o grande ed importante e le storie ed i luoghi si sa, anche se piccoli nascondono il loro giusto fascino. Su quella via, quella dai panorami suggestivi, da qualche tempo c’è qualcosa di nuovo, c’è un sentiero che richiama alla poesia ed al sentimento di Alvaro, c’è il” Sentiero della civiltà contadina” nato da un’idea di Saverio Micheletta e da lui realizzato in poco meno di un anno di alacre lavoro che ha visto impegnati sul campo tante maestranze locali. Giustamente mi chiederete chi è Saverio Micheletta e soprattutto cos’è il "Sentiero della Civiltà Contadina". Se dovessi tracciare un profilo di Saverio Micheletta, mi piacerebbe definirlo un vulcanico ed iperattivo bovese di ritorno, non uno qualunque però, perché al momento rimane certamente l’unico ad avere avuto il coraggio di realizzare un’intuizione che col passare del tempo, tra sguardi di diffidenza, facili ironie e qualunquismi di sorta ha preso forma fino a diventare molto di più di un museo all’aperto, si perché il sentiero, che verrà inaugurato ufficialmente il prossimo 23 di agosto costituisce come lo stesso Micheletta tiene a precisare nel pregevole volume dedicato all’iniziativa, un omaggio ai bovesi, un omaggio alla terra che gli è tanto cara e che ha ritrovato dopo quarant’anni di assenza. In buona sostanza si tratta della riproposizione di uno splendido spaccato della civiltà contadina del secolo scorso attraverso la  posa di strumenti e accessori di uso quotidiano con grande spazio riservato alle enormi pietre da frantoio in bella mostra in angoli fino ad oggi poco valorizzati del centro storico. Faccio spesso, soprattutto nelle ore serali quella strada oggi riqualificata dove troneggiano quelle enormi pietre e nell’attraversarla ripenso inevitabilmente al lavoro di  Micheletta, penso al coraggio ed alla passione che muovono l’impegno, penso però anche un’altra cosa, la stessa poesia e lo stesso sentimento che ritroviamo nei versi di Strati, Alvaro, Vitale e tanti altri, li ritroviamo anche in piccoli e grandi gesti quotidiani regalatici da chi esprime a modo proprio il sentimento della gente d’Aspromonte, una montagna che porti nel cuore per tutta la vita come un corredo genetico, con le sue immagini in bianco e nero, i suoi profumi, le sue lacrime ed i suoi sorrisi e non importa se i sorrisi saranno anche quelli inopportunamente ironici di chi non riesce a cogliere le sfumature, perché ci sono colori, dettagli e sfumature che non tutti possono percepire, è questione di vissuto, questione di sentimenti e di sollecitazioni che partono da dentro, da un bagaglio estremamente personale non in tutti rintracciabile. Aspettiamo con ansia il giusto tributo del 23 di agosto prossimo, lo aspettiamo con l’ansia di chi deve dire grazie all’impegno di un privato a favore del proprio territorio e della sua gente, ma non solo questo, il grazie è a mio avviso dovuto soprattutto per la straordinaria e non comune capacità di riaccendere in molti il sentimento e l’orgoglio dell’appartenenza, dettagli che fanno la differenza e che spesso si perdono sotto i colpi di una quotidianità che cancella ed omologa, che corre ed incalza costringendoti a non pensare, a non ricordare a non tracciare quella linea necessaria che collega passato e presente e senza la quale è difficile costruire un futuro. Saverio Micheletta la sua linea l’ha tracciata ed anche in modo netto scrivendo in calce il proprio nome nella storia recente di un borgo che avrebbe sempre più bisogno di gente capace di sognare regalando i propri sogni a chi avrà voglia di apprezzarli.   

Nessun commento:

Posta un commento