venerdì 29 maggio 2020

PER QUEST'ANNO PUOI AFFOGARE...STESSA SPIAGGIA STESSO MARE

“Per quest’anno puoi affogare…stessa spiaggia stesso mare”. Potrebbe essere uno dei tanti refrain, una versione rivisitata del famoso motivetto di Piero Focaccia, anno 1963, potrebbe anche essere una strategia di marketing lanciata da un consorzio di imprese di onoranze funebri in vista della stagione estiva perché in fondo si sa, morire in estate e magari su un spiaggia, si spera anche affollata, è tutta un’altra cosa, vuoi mettere la soddisfazione di congedarsi circondati da uno stuolo di ragazze in bikini e da improbabili baywatcher a petto nudo e borsello sinuosamente appoggiato al costato, con le pance scolpite delle parmigiane della sera prima. 


Fortune riservate mica a tutti. Potrebbe riferirsi a questo l’esordio della mia riflessione e invece no, perché l’accento che ho pensato di mettere è, manco a dirlo ancora una volta legato agli strascichi di un’emergenza sanitaria tutt’altro che passata, perché l’onda lunga della pandemia non molla e dopo averci narcotizzato l’ultima parte di inverno e tutta la primavera si appresta a distorcere anche una stagione estiva che nell’immaginario collettivo nostrano rimanda sempre alle canzoni anni ’60, tra ombrelloni, tintarelle, vitelloni e stangone svedesi sulle spiagge della Versilia piuttosto che sui litorali laziali da Ostia a Fregene. L’era tecnologica che viviamo aggiunge i colori dei cristalli liquidi degli smart-phone a cornice delle consuete cartoline che ci propongono le sagome dei pedalò che si alternano ai profili semi muscolosi dei bagnini, e proprio su questi ultimi mi vorrei soffermare, perché uno dei tanti dpcm, non chiedetemi a quale numero siamo arrivati, non saprei cosa rispondere, tira in ballo proprio loro. Cosa faranno quest’anno i bagnini? bella domanda, perché pare proprio che tra le pieghe delle tante prescrizioni salti fuori anche un divieto di praticare la respirazione bocca a bocca, ergo i signori bagnini potranno per legge solo limitarsi a guardare il petto dell'affogante. Nell’ennesimo protocollo di sicurezza anticovid ritroviamo infatti uno dei tanti paradossi di una società in cui morire sta bene e magari anche affogati, a patto che non ci si contagi. Insomma in soldoni, pare sia fatto espresso divieto di annegare, perché l’orwelliana disposizione in materia di contenimento del contagio recita testualmente “valutare il respiro soltanto guardando il torace della vittima alla ricerca dell’attività respiratoria normale, ma senza avvicinare il proprio volto a quello della vittima”. E così i tanti italiani che si apprestano (contriti da una infinita serie di incognite) ad andare in spiaggia con mascherina e guanti, oltre a sfidare le rifrazioni del plexiglass che abbasserà il rischio di coronavirus alzando quello di finire in qualche corsia del centro grandi ustionati, dovranno fare i conti con un altro divieto. Volendo scongiurare anche solo l’ipotesi malaugurata di annegamenti veri, il nostro pensiero e la nostra solidarietà vanno alle tante teenager piuttosto che alle signore più in là con gli anni che da quest’anno dovranno abbandonare le consuete e più o meno credibili simulazioni di annegamento messe in atto per strappare qualche bacio e qualche palpatina al bagnino di turno, reinventandosi nuove strategie di approccio alternative. Insomma, siamo alle porte di una bella stagione 3.0 dove il nuovo che avanza a grandi falcate ci costringe ad uno sforzo di fantasia, invitandoci ad aguzzare l’ingegno perché da quest’anno fingere di affogare non servirà più. Così nell’attesa di perfezionare la respirazione artificiale telepatica, già in via di sperimentazione presso alcuni rinomati centri yoga della provincia di Reggio Calabria riconvertiti anch’essi, già in tempi non sospetti in circoli ricreativi, per sfuggire questa volta al fisco più che al contagio, si dovrà fare di necessità virtù, rispolverando magari un vecchio trucco che funziona sempre. Nel richiedere l’aiuto di qualche aitante giovanotto, si potrà sempre dire di avere smarrito il barboncino nella classica pinetina, perché sappiamo bene quanto sia sempre provvidenziale una bella pinetina alle spalle di qualsiasi arenile decente che si rispetti. Insomma, nulla di così clamoroso, tutto nella norma se vogliamo perché in questa fase di selvaggi adattamenti last minute, pensare ad un bagnino opportunamente riconvertito in dogsitter rimane certo il male minore.   
(Pubblicato su Sentieri Resilienti N° 1 - Giugno 2020)

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