Non più di un mesetto fa, su
quella che mi piace definire la nostra rubrica, diciamo pure la "più
migliore rubrica che esita", scrivevo dell'esperienza della Coop. San
Leo di Bova che da oltre un ventennio è impegnata a far riscoprire
l'Area grecanica attraverso dei percorsi di trekking particolari che
ripercorrono le orme di Edward Lear, scrittore e paesaggista inglese che
nel 1847 attraversò la Calabria a dorso di mulo tracciando quello che i
novelli viaggiatori hanno ribattezzato "il Sentiero dell'Inglese".
Ieri sera, quasi la pubblicazione di
quel pezzo fosse stata un inconscio presagio, mi sono ritrovato a
Roccella invitato dall'Amico Pino Macrì, ad intervenire alla
presentazione del suo volume dal titolo "Il tempo, il viaggio e lo
spirito negli inediti di Edward Lear". L'occasione è stata assai gradita
per una serie di motivi, il piacere di rivedere vecchi amici che mi
hanno fin dal mattino precedente precettato per una pizza post
presentazione, poi naturalmente la possibilità di riparlare di un tema,
quello degli inediti di Lear particolarmente affascinante rivisitando il
minuzioso lavoro di Pino ed aprendo una mia personale finestra su
un'Area e una montagna che mi stanno tanto a cuore. Già questo
basterebbe per giustificare una serata di mezza estate nel cuore della
Locride, ma se così non fosse potrei aggiungere un elemento che ai miei
occhi è risultato quello di gran lunga più accattivante. Quando Pino
qualche tempo addietro mi chiamò per invitarmi alla serata, dicendomi
che il palcoscenico sarebbe stato quello dell'ex convento dei Minimi a
Roccella Jonica, fui contento per i motivi che ho già elencato ma anche
perché Roccella è un luogo che mi attrae molto, non già per qualsivoglia
legame affettivo, quanto per la magia che riesce a sprigionare. Me lo
dicevano Luca e Patrizia qualche anno fa. Ora giustamente mi chiederete
chi sono Luca e Patria, giusto, scusate, loro sono quelli dell'invito a
cena, sono quelli che qualche anno fa mi dicevano che a Roccella ci
erano arrivati da turisti lasciandoci il cuore e avevano ragione, loro,
direttamente da Manziana sul Lago di Bracciano, oltre al cuore ci hanno
lasciato però anche altro, ad esempio una parte del loro conto in
banca, servita all'acquisto di una splendida casetta nel centro storico
oggi adibita a b&b. Ma torniamo a Roccella che vi dicevo mi ha
sempre affascinato, forse per quel suo castello che vedevo fin da
bambino quando eravamo di strada sulla via del rientro a casa, quando si
tornava da Catanzaro con mamma e papà nei weekend, a Natale o per le
vacanze estive. Superata Caulonia si iniziava ad intravedere quel
castello ed il immaginavo re e regine, scudieri ed arcieri, gli stessi
che vedevo in TV in quelle serie televisive che ci bombardavano nei
pomeriggi degli anni 70.
In seguito, quando verso Catanzaro non
si andava ormai più, recuperata definitivamente la via di casa, allora
pian piano quella cittadina ridente, dai colori vivi, dal mare
cristallino, mi ha sempre suggerito una certa vitalità, allegria,
ordine, pulizia, organizzazione più di ogni altro centro di una Locride
in quegli anni troppo impegnata tra piombo, sequestri di persona e
sirene dei Carabinieri. Col tempo ho scoperto tante altre cose che mi
hanno aiutato a confermare quelle che all’inizio erano solo sensazioni.
Quando arrivi a Roccella non so perché
respiri un'aria particolare e non si tratta solo dello iodio che prendi a
pieni polmoni di fronte al porticciolo turistico, il profumo che
avverti è un insieme di essenze che suggeriscono in modo chiaro il
connubio tra cultura, natura e turismo. Se le ultime due sono assai
evidenti, la prima, la cultura, la devi percepire con attenzione, perché
Roccella è una realtà culturalmente molto viva, con un brulicare di
iniziative in tutti i periodi dell'anno, una tradizione massonica ed
esoterica secolare e un misticismo che percepisci subito e certamente
non solo guardando il castello.
Credo che quanto appena detto possa
bastare a giustificare il mio viaggetto in pieno luglio e la relativa
rinuncia all'aria fresca di Bova, quella che la sera ti costringe al
golfino con la manica lunga, mentre sulle rive dello ionio il tasso di
umidità rende l'aria insopportabile. Bene, so di avervi scocciato, ma
vorrei chiudere da dove ho iniziato, giusto per non perdere di vista
l'argomento principale, sto parlando naturalmente te del lavoro di Pino
Macrì. A lui il mio grazie per l'invito, per la possibilità del dialogo e
dell'incontro su tematiche che avverto mie per spirito e materia, in
ultimo e non certo per importanza, un grazie perché occasioni come
quelle di ieri accendono un elemento a cui di sovente siamo costretti a
rinunciare, l'empatia e il sentimento, la cui assenza ci regala sempre
una certa solitudine pur stando in mezzo a tanta gente.
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