“Per
quest’anno puoi affogare…stessa spiaggia stesso mare”. Potrebbe essere uno dei
tanti refrain, una versione rivisitata del famoso motivetto di Piero Focaccia,
anno 1963, potrebbe anche essere una strategia di marketing lanciata da un
consorzio di imprese di onoranze funebri in vista della stagione estiva perché
in fondo si sa, morire in estate e magari su un spiaggia, si spera anche
affollata, è tutta un’altra cosa, vuoi mettere la soddisfazione di congedarsi
circondati da uno stuolo di ragazze in bikini e da improbabili baywatcher a
petto nudo e borsello sinuosamente appoggiato al costato, con le pance scolpite
delle parmigiane della sera prima.
Fortune riservate mica a tutti. Potrebbe
riferirsi a questo l’esordio della mia riflessione e invece no, perché l’accento
che ho pensato di mettere è, manco a dirlo ancora una volta legato agli
strascichi di un’emergenza sanitaria tutt’altro che passata, perché l’onda
lunga della pandemia non molla e dopo averci narcotizzato l’ultima parte di
inverno e tutta la primavera si appresta a distorcere anche una stagione estiva
che nell’immaginario collettivo nostrano rimanda sempre alle canzoni anni ’60,
tra ombrelloni, tintarelle, vitelloni e stangone svedesi sulle spiagge della
Versilia piuttosto che sui litorali laziali da Ostia a Fregene. L’era
tecnologica che viviamo aggiunge i colori dei cristalli liquidi degli smart-phone
a cornice delle consuete cartoline che ci propongono le sagome dei pedalò che
si alternano ai profili semi muscolosi dei bagnini, e proprio su questi ultimi
mi vorrei soffermare, perché uno dei tanti dpcm, non chiedetemi a quale numero
siamo arrivati, non saprei cosa rispondere, tira in ballo proprio loro. Cosa
faranno quest’anno i bagnini? bella domanda, perché pare proprio che tra le
pieghe delle tante prescrizioni salti fuori anche un divieto di praticare la respirazione
bocca a bocca, ergo i signori bagnini potranno per legge solo limitarsi a guardare
il petto dell'affogante. Nell’ennesimo protocollo di sicurezza anticovid
ritroviamo infatti uno dei tanti paradossi di una società in cui morire sta
bene e magari anche affogati, a patto che non ci si contagi. Insomma in soldoni,
pare sia fatto espresso divieto di annegare, perché l’orwelliana disposizione
in materia di contenimento del contagio recita testualmente “valutare il
respiro soltanto guardando il torace della vittima alla ricerca dell’attività
respiratoria normale, ma senza avvicinare il proprio volto a quello della
vittima”. E così i tanti italiani che si apprestano (contriti da una
infinita serie di incognite) ad andare in spiaggia con mascherina e guanti,
oltre a sfidare le rifrazioni del plexiglass che abbasserà il rischio di
coronavirus alzando quello di finire in qualche corsia del centro grandi
ustionati, dovranno fare i conti con un altro divieto. Volendo scongiurare
anche solo l’ipotesi malaugurata di annegamenti veri, il nostro pensiero e la
nostra solidarietà vanno alle tante teenager piuttosto che alle signore più in
là con gli anni che da quest’anno dovranno abbandonare le consuete e più o meno
credibili simulazioni di annegamento messe in atto per strappare qualche bacio e
qualche palpatina al bagnino di turno, reinventandosi nuove strategie di
approccio alternative. Insomma, siamo alle porte di una bella stagione 3.0 dove
il nuovo che avanza a grandi falcate ci costringe ad uno sforzo di fantasia, invitandoci
ad aguzzare l’ingegno perché da quest’anno fingere di affogare non servirà più.
Così nell’attesa di perfezionare la respirazione artificiale telepatica, già in
via di sperimentazione presso alcuni rinomati centri yoga della provincia di
Reggio Calabria riconvertiti anch’essi, già in tempi non sospetti in circoli
ricreativi, per sfuggire questa volta al fisco più che al contagio, si dovrà
fare di necessità virtù, rispolverando magari un vecchio trucco che funziona
sempre. Nel richiedere l’aiuto di qualche aitante giovanotto, si potrà sempre
dire di avere smarrito il barboncino nella classica pinetina, perché sappiamo
bene quanto sia sempre provvidenziale una bella pinetina alle spalle di
qualsiasi arenile decente che si rispetti. Insomma, nulla di così clamoroso,
tutto nella norma se vogliamo perché in questa fase di selvaggi adattamenti last
minute, pensare ad un bagnino opportunamente riconvertito in dogsitter rimane
certo il male minore.
(Pubblicato su Sentieri Resilienti N° 1 - Giugno 2020)
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